Allenatrice dava “pillole” a tredicenne anoressica: sospesa per 3 mesi, ora è di nuovo in campo


Una storia di anoressia che ha coinvolto una giovanissima atleta di Portici e che al momento è sotto la lente d’ingrandimento delle forze dell’ordine del territorio dopo aver portato alla temporanea squalifica di un’allenatrice locale.

Anoressia, la testimonianza: “Coach di atletica dava pillole a mia figlia”

Una testimonianza che può servire a sensibilizzare le persone, a tenere “aperti gli occhi” sul problema dell’anoressia ed in particolare su una condotta poco limpida tenuta in un centro sportivo della città di Portici.

A scegliere di raccontare il fatto a Vesuviolive.it è il papà della vittima che, all’epoca dei fatti, aveva solo 13 anni ed una grande passione per l’atletica leggera: una passione condivisa proprio tra padre e figlia, che si allenavano praticamente insieme.

“Pensavamo ad un problema adolescenziale. Invece…”

I fatti risalgono agli inizi del 2023: “Ho cominciato a preoccuparmi quando mia figlia iniziava a perdere peso e non mangiare – racconta Ciro (un nome di fantasia che utilizzeremo per tutelare la privacy degli interessati) – Ci siamo rivolti alla sua allenatrice che conoscevo bene, ero presente sul campo con lei”. Non è, questa, una storia di ‘genitori assenti’: “Io seguivo mia figlia, facevo i giri di campo mentre lei si allenava a pochi metri”.

“L’allenatrice disse che le avrebbe parlato, che sicuramente era una fase dell’adolescenza normale ed anche io condividevo questa visione. Ma nonostante questa vicinanza e quest’interessamento continuavamo a vedere atteggiamenti di nostra figlia che non ci piacevano”.

“Pesava 47 kg ed era sempre giù”

A marzo 2023, la giovanissima atleta era arrivata a pesare circa 47 kg, molto poco per una ragazza alta oltre 1,70 metri. “Così decidemmo di rivolgerci al medico di base che cominciò a prescrivere gli esami per escludere patologie che non fossero psicologiche. L’esito fu che non c’erano particolari problemi di altra natura”.

Ciro continua a vedere il peggioramento delle condizioni della figlia: “Il problema non era solo l’alimentazione: durante quel periodo mia figlia era irascibile, cupa, con l’umore sempre a terra. Decidiamo di approfondire la questione anche per via ospedaliera, ma i tempi erano lunghi: da marzo ci diedero appuntamento a luglio. Così nel frattempo ci rivolgemmo sia ad uno psicologo che ad un nutrizionista, per esplorare entrambe le strade”.

Nel frattempo, l’allenatrice sembrava essere vicina al problema della famiglia: “Ci proponeva dei piani alimentari che potevano essere d’aiuto alla ragazza: fino ad allora ci sembrava un comportamento ‘normale’ e corretto – racconta Ciro – poiché eravamo consapevoli che questa persone non aveva né le capacità né le competenze per fornire un aiuto in campo nutrizionistico, ma li accettavamo come ‘suggerimenti’ da parte di una persona che voleva aiutare. Ne parlava con noi genitori, li valutavamo”.

La diagnosi di anoressia sull’atleta ed il percorso psicologico: “Così mia figlia si aprì”

Nulla di fatto fino a luglio 2023, quando alla giovane diagnosticarono un’anoressia nervosa. Intanto anche il percorso con la psicologa andava avanti: fu così che il comportamento dell’atleta cominciò a normalizzarsi.

“Quando la situazione cominciò a migliorare, nostra figlia si aprì, facendoci la confidenza che l’allenatrice le aveva dato delle pillole nel periodo in cui stava male – racconta Ciro – Inizialmente non le credevo, ma lei ci fece vedere le chat proprio con la coach, nelle quali quest’ultima cerca di convincere la giovane a non dirci nulla di quelle assunzioni”.

La scoperta grazie alle chat di Whatsapp

Con le chat di Whatsapp, Ciro comincia ad unire i puntini di questa vicenda: i malesseri della figlia sembravano sempre corrispondere con i giorni successivi all’assunzione di queste “pillole” di cui non è mai stata definita esattamente la natura.

chat atleta

Un estratto della chat tra la giovanissima atleta e l’allenatrice

“La ragazza si sentiva sempre male: lei voleva dirlo a noi genitori perché era a suo modo consapevole di eventuali conseguenze sulla salute. Diceva che in caso di accesso in ospedale voleva che noi sapessimo cosa avesse assunto, ma lei la convinceva a non parlarne”.

La Fidal squalifica l’allenatrice per 3 mesi

Fu in quel momento che Ciro decise di rivolgersi alla giustizia, sia quella sportiva che quella penale. “Non è stato facile mantenere la calma: ho rischiato di fare qualche cavolata. Poi però siamo partiti con le denunce”.

Grazie a queste ultime, è partita un’indagine FIDAL che, sentite le parti in causa e la documentazione prodotta dalla famiglia, ha sospeso per 3 mesi l’allenatrice e multato di 1000 euro l’associazione sportiva (di cui l’allenatrice sarebbe anche legale rappresentante pro tempore). In merito alle pillole, la coach si sarebbe difesa dicendo che si trattava di semplici integratori: “Ma se anche fosse, non aveva alcuna competenza per suggerirli ad una ragazzina minorenne e – cosa molto più grave – chiedere di non parlarne con i genitori”, dichiara Ciro.

“Fu scioccante per me scoprire che queste pillole le venivano date praticamente sotto i miei occhi, mentre mi allenavo con lei”, racconta il papà. Secondo i racconti della giovane, complessivamente le sarebbero state passate 6 pillole che lei avrebbe poi assunto.

“Gli altri genitori mi dicevano di aprire gli occhi, poi mi hanno minacciato”

Che vantaggio poteva trarre l’allenatrice da una condotta simile? “Non so – dichiara Ciro – non si tratta di attività agonistica a livelli tali da spiegare una cosa simile. Pur non giustificando assolutamente l’assunzione di alcun tipo di sostanza a nessun livello, quantomeno in determinati ambienti competitivi e con giri economici rilevanti avrebbe una sorta di spiegazione, ma in questo caso non so spiegarmelo”.

L’altra cosa sconcertante per Ciro è stato il fatto di trovarsi solo a combattere questa guerra: “Le persone che inizialmente mi invitavano ad aprire gli occhi su mia figlia, sul fatto che stesse perdendo eccessivo peso, dopo la denuncia mi hanno girato le spalle. Ho ricevuto anche telefonate di denuncia, siamo rimasti da soli a tirare questo fardello”, racconta.

“Però sono certo che ci sono altre atlete alle quali sono state passate queste pillole, che le hanno assunte con le stesse modalità di mia figlia. Vorrei sensibilizzare le persone su questo tema: l’allenatrice è già tornata ad esercitare dopo la sospensione. Potrebbe essere “scottata” dalla squalifica ma potrebbe anche aver “affinato il meccanismo” diventando più difficile scoprirla”.

Ora indagano i carabinieri

Intanto la vicenda va avanti anche nel solco della giustizia ordinaria: i carabinieri avrebbero già ascoltato sia Ciro, con la figlia – che nel frattempo ha ripreso a praticare atletica con una diversa struttura sportiva – sia le altre ragazze che avrebbero assunto le stesse “pillole misteriose”.

Un momentaneo lieto fine per una vicenda che continueremo a seguire in caso di successive evoluzioni giuridiche ed altre testimonianze, oltre ad essere ovviamente aperti a qualsiasi tipo di replica da parte di tutte le parti chiamate in causa.

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