Pizza “Speriamo nel Vesuvio”, il proprietario si scusa: “Era solo per ridere”


Yury Pastore Corrado, gestore della pizzeria “Mamita” in provincia di Savona, ha mostrato il suo intento di dare la sua versione dei fatti circa la pizza Speriamo nel Vesuvio inclusa nel menù del locale, pregando di riportarla in un articolo. Al telefono ha spiegato la genesi di quel nome: quando gli è venuto in mente, i media parlavano di un rischio collegato al Vesuvio, e allora ha ideato “Speriamo nel Vesuvio” non per dire “bene, c’è il rischio e speriamo che si concretizzi al più presto”, bensì intendendo “speriamo che il Vesuvio protegga Napoli”, garantendomi che si trattava al 100% della verità. Ha inoltre affermato che egli non frequenta gli stadi e non è un tifoso, anzi, è contro il gioco del calcio e non era nemmeno a conoscenza del fatto che ogni domenica negli stadi del Nord si sentono numerosi che auspicano l’estinzione dei Napoletani grazie al Vesuvio; egli fa inoltre mea culpa, imputando alla propria ignoranza quella scelta scellerata e il fatto di non aver dato ascolto al suo pizzaiolo e al suo cameriere, che pure lo avevano avvertito delle possibili conseguenze.

“Speriamo nel Vesuvio” è solo per ridere e scherzare, come le altre pizze del menù: la “Vallanzasca” (noto criminale condannato a 4 ergastoli e 295 anni di prigione), la “Pistorius” (l’atleta sudafricano che secondo alcuni ha ucciso la sua fidanzata), la “Mi unisco ai terroristi” (o qualcosa del genere) e così via. Un menù, insomma, alquanto bizzarro e che rispecchia il carattere scherzoso di Yury e il suo senso dell’umorismo il quale, a giudicare dal successo delle sue attività, è molto apprezzato dai clienti. La “Speriamo nel Vesuvio” tuttavia continuerà ad esistere, il nome non sarà cambiato, altrimenti dimostrerebbe di non essere stato in buona fede, però aggiungerà una didascalia in cui si spiega il vero significato del nome. L’odio e il razzismo, inoltre, sono concetti che egli ripudia nel modo più assoluto, senza senso, dunque, a causa di questa sua posizione “Speriamo nel Vesuvio” non può contenere nessun intento antinapoletano: un concetto un po’ difficile da capire, ma che ribadisce fermamente, e i Napoletani che si sono scagliati contro di lui sono colpevoli di averlo frainteso, afferma, e anche se decenni di discriminazioni li hanno portati all’esasperazione dovrebbero riflettere prima di reagire in quel modo.

Infine fa un appello alla pace e alla non violenza, sia fisica che verbale, a prescindere dal fatto che si possa credere o meno alla sua versione dei fatti, un appello a mio avviso condivisibile perché, per dirlo con le parole di Asimov, “la violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci”.

Questo è, grosso modo, il contenuto della telefonata che ho avuto con Yury: al lettore spetta adesso formarsi un’opinione.


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