Non sono un’associazione, non esiste nessun soggetto giuridico se non quello della cittadinanza. Sono tutti semplici cittadini “Gli amici della strada”, studenti, lavoratori o entrambe le cose. Svincolati da qualunque sigla o struttura gerarchica hanno deciso di rimboccarsi le maniche per andare incontro ai barboni, sì, barboni, perché sempre così sono stati chiamati i “clochard”. Non si mette la coscienza a posto se li si chiama così senza però muovere un dito per loro. Qualsiasi sia il modo di definirli, sono prima di tutto persone che non hanno nulla, o quasi. Ognuno ha una storia di vita passata da raccontare: una casa amorevole, una famiglia, un lavoro, alcuni titoli di studio anche elevati, ma poi un giorno è arrivata la vita infame e ha tolto tutto, lasciando queste persone per strada con poche cose.
Alcuni giovani dell’area vesuviana hanno deciso di aiutarli. Senza troppi indugi hanno creato una pagina Facebook e hanno cominciato a raccogliere coperte, piumoni, maglie, cappotti e tutto ciò che può servire a chi non ha un tetto. Non si rifanno a nessuna sigla, abbiamo detto, ma ciò non significa che non hanno delle regole autoimposte. Una su tutte: non chiedere soldi, mai, solo materiale da distribuire. Sono consapevoli di attirare i sospetti di qualcuno perché tutti siamo a conoscenza che dietro alcune attività solidarietà si possono nascondono delle truffe, ma questi giovani hanno escogitato un sistema, che altro non è che la seconda regola; la trasparenza. Non si chiede solo di portare questo materiale ma anche di andare con loro a Napoli per la distribuzione ai dimenticati della zona del museo archeologico, via Marina, centro storico, piazza Garibaldi o Porta Nolana.
Domenica 8 dicembre c’è stata la prima “spedizione”. Non tutti accettano di essere aiutati. Alcuni vogliono restare da soli con le proprie storie mentre altri, invece, chiedono subito: “un paio di calzini caldi, per favore”, oppure delle scarpe. “Che Dio vi benedica” salutano quando i giovani vanno da altri infreddoliti. “Vi aiutate tra di voi?” “No” – risponde Hammed, un marocchino di via Marina che soffre il freddo ai piedi nudi – “Io sono del Marocco, lui (indicando un altro che dorme, ndr), è tunisino, l’altro è egiziano, l’altro ancora è algerino. Se eravamo tutti marocchini o tunisini ci saremmo aiutati”. La nazione, la patria, l’appartenenza allo stesso gruppo etnico, sociale o religioso a volte è così forte da far paura. Non si riesce a superarlo neanche davanti a situazioni del genere. Povero mondo. Povero uomo.
Domenica prossima c’è il bis. L’appuntamento è alle ore 18 in Piazza Trieste, a Ercolano. “Chiunque voglia venire ad aiutare – si legge sulla pagina facebook – o semplicemente a dare qualche coperta o altro è ben accetto! Cerchiamo di creare una grande famiglia o per meglio dire una grande comitiva di amici in soccorso di altri amici che hanno davvero bisogno di aiuto!”