«Non è facile riprendersi dopo un episodio del genere, da così tanta violenza gratuita ma grande è l’appoggio e la solidarietà che ho trovato sul web. Ciò mi stimola ancora di più a reagire e a convincere altri ragazzi a denunciare violenze simili». Sono queste le parole di Simone Varriale, il diciannovenne aggredito e accoltellato, sabato scorso, da dieci ragazzi a piazza del Gesù. Sebbene non sia del tutto capace di camminare, essendo stato colpito alle cosce, ai glutei e all’addome, Simone è tornato a casa, a differenza dell’amico, Mattia E., anche lui vittima di tale aggressione, che è ancora in degenza presso il reparto di Chirurgia d’urgenza del Loreto Mare, a causa delle coltellate che gli hanno perforato un polmone.
Questa vicenda, l’ennesima di una serie ormai inesauribile, ha ottenuto un notevole riscontro soprattutto sui social network come si desume dai messaggi privati sul profilo Facebook di Simone e dagli hashtag presenti in rete: #siamoconte, #nonrestiamoinsilenzio, #denunciamolitutti. Ed è proprio attraverso i messaggi lasciati a Simone che è stato possibile venire a conoscenza di altre simili aggressioni ai danni di ragazzi che, però, non hanno mai avuto il coraggio di fare denuncia e si servono ora di quest’episodio per venire allo scoperto. È il caso di Salvatore F., vittima di un raid nel rione Vomero, o ancora di Alessia S., la quale racconta di essere stata picchiata da ventenni teppisti a Mergellina, giusto per riportare qualche esempio, ma è lapalissiano che la lista potrebbe continuare e, forse, non avere una sostanziale fine.
Insomma, pare davvero che il centro storico napoletano non sia più al sicuro se continuano a sussistere casi di violenza gratuita che, sorgendo per futili pretesti o, addirittura, per motivi inconsistenti, arrecano danni fisici e, certe volte, anche psicologici a persone intenzionate soltanto a trascorrere una bella serata in compagnia e che, invece, finiscono in ospedale. Questo è quanto è successo ai tanti Simone e Mattia, con la differenza che i due adolescenti hanno deciso di squarciare il velo del silenzio esistente in seno a tale realtà, sicuramente allo scopo di indebolire il cospicuo gruppo di malviventi.
«Mi hanno detto di non apparire, di non parlare, di non rischiare e invece è proprio quello che voglio fare. È il silenzio che dà forza a questi malviventi».