La Juventus dovrà risarcire ad un tifoso napoletano il biglietto della partita, più il costo del viaggio, più mille euro di danni morali e le spese legali sostenute. E’ quanto stabilito da Francesco Buonocore, giudice di pace di Torre Annunziata.
Egli non solo ha respinto il ricorso in Appello della società calcistica torinese, ma le ha imposto di pagare all’avvocato Giovanni De Angelis, il tifoso in questione, in totale 3000 euro, tra 305 euro di danno patrimoniale (costo del biglietto della partita, viaggio in treno e pernottamento a Torino), più mille euro di danno esistenziale, oltre alle spese legali di giudizio in primo e secondo grado.
L’ avvocato De Angelis, che si è difeso da solo in tribunale, aveva denunciato i cori offensivi contro Napoli ed i napoletani provenienti dai settori dei tifosi bianconeri, per quanto accaduto durante Juventus-Napoli del 10 novembre 2013. Egli fu costretto ad abbandonare in anticipo lo stadio, prima della conclusione della gara “in conseguenza di una situazione ambientale avvertita come insopportabile“.
I fatti menzionati nella sentenza sono striscioni, cori ed insulti rivolti nello stadio della Juventus contro i tifosi del Napoli con frasi come:”Vesuvio, Lavali” e “uccidete questi bastardi“.
Questo quanto scritto dal giudice di pace nella sentenza: “è stata inoltre provata la circostanza che durante il primo tempo della gara, i tifosi della Juventus esponevano uno striscione che inneggiava alla ‘eruzione del Vesuvio e alla morte del Popolo Napoletano’ e che tale striscione rimaneva esposto inizialmente al centro della curva e successivamente esposto sul lato inferiore della detta curva, senza che lo stesso venisse rimosso dagli steward“.
Per il giudice la società torinese è colpevole in quanto “alcuno dei funzionari e dipendenti della “Juventus Fs Spa” addetti alla vigilanza dello stadio si adoperò in qualche modo per evitare o far cessare tali vergognosi comportamenti posti in essere da nutrite frange della tifoseria juventina, omettendo persino di invitare tali tifosi tramite megafono a desistere da tali comportamenti“.
Questi omessi interventi, secondo il giudice avrebbero dato segno di mancata condanna verso questi comportamenti e soprattutto “avrebbero dimostrato la diligenza prescritta dall’art 1176 c.c.“