Circa tre mesi fa, ad Ercolano la camorra scelse di colpire uno dei suoi fedelissimi e lo fece in un modo cruento e efferato ai danni di Raffaele Canfora, 25 enne, ucciso a causa del traffico della droga.
Secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine il tutto nacque dal contrasto tra esponenti del clan D’Amico del quartiere Ponticelli di Napoli e alcuni personaggi legati al gruppo camorristico della Vinella Grassi: i D’Amico avevano acquistato droga dai concorrenti e non avevano intenzione di pagarla. Canfora era stato incaricato di recuperare il denaro e così era stato attirato all’interno del Rione Conocal di Ponticelli, con la prospettiva di ottenere il denaro promesso, ma fu colpito al torace con arma da fuoco da due aggressori di cui uno minorenne. Questo caso, efferato e crudele, come testimoniato dalla polizia, non è altro che il campanello di allarme di una situazione camorristica che sta velocemente cambiando e diventando sempre più terribile.
A scendere in campo sull’argomento è stato addirittura il procuratore aggiunto dell’antimafia Giuseppe Borrelli che ha dichiarato che la camorra è in crisi e di conseguenza si affida a giovanissimi che non hanno scrupoli e sono senza controllo. La spiegazione è semplice in questi anni la magistratura ha arrestato la maggior parte dei capi e così i clan hanno dovuto chiedere aiuto a ragazzi sempre più giovani, spesso minori, come nel caso Canfora. Naturalmente questo reclutamento è frutto di una crisi di capi ma genera nel contempo crisi, perchè mentre un criminale matura sa come agire e conosce la reazione della vittima, un giovane segue l’istinto e genera complicazioni. L’intenzione del procuratore Borrelli è muoversi verso processi più veloci e verso la persecuzione dei singoli reati, così da non far arrivare questi clan al livello di quelli storici.