Da svariati anni or sono non si parla d’altro: la crisi che ha travolto l’economia del nostro bel Paese, ha provocato inevitabilmente disagio, sconforto e le più disparate sensazioni negli animi di chi vuole ugualmente farcela in questo scenario di estrema incertezza. Questa situazione ha influenzato, di gran lunga, le scelte lavorative (e di vita) di chi cerca disperatamente un impiego ma non può che accontentarsi delle briciole, dello sfruttamento di pseudo-impieghi. I cosiddetti “cervelli in fuga” sono una realtà sempre più in espansione: pur di lavorare, pur di raggiungere l’ambita indipendenza, tanti giovani (e non solo) con forza e coraggio da vendere, partono alla volta delle terre straniere.
Quella di Roberto Carlino, ingegnere aerospaziale napoletano 26enne, laureato a pieni voti e perfettamente in tempo, è una delle storie di ordinaria quotidianità che siamo ormai abituati a leggere sui quotidiani o sul web: il giovane, originario di Fuorigrotta, dopo aver inviato il suo CV dovunque, in giro per l’Italia ed aver accumulato svariati rifiuti, a causa della crisi, è stato assunto dal Nasa della Silicon Valley, nel cuore della California. Svolgerà un tirocinio della durata di sei mesi nel suo ambito di competenza, inerente dunque ai lunghi anni di studio ed approfondimento trascorsi all”Università. Il compenso? Quasi tremila euro al mese!
Insomma opportunità di un certo prestigio e livello che sicuramente non si presentano ogni giorno ed a tutti: la meritocrazia è “requisito” fondamentale. Sorge spontanea una riflessione: perché tutto ciò non è possibile in Italia? Perché i giovani talenti italiani non si possono realizzare nel proprio paese? E soprattutto, perché qui, quando si parla si stage o tirocinio, manca totalmente il concetto di retribuzione? O forse sarebbe più corretto dire che tale concetto, spesso e volentieri, manca anche per un lavoro vero e proprio…
Voi cosa ne pensate?