È trascorsa una settimana dal dramma che ha segnato la finale di Coppa Italia giocata tra Fiorentina e Napoli allo Olimpico di Roma e i riflettori sulla vicenda, diversamente da quelli dello stadio, non si sono ancora spenti. Il che pare non accadrà presto. Negli ultimi sette giorni non si è parlato d’altro e il nome di Genny ‘a carogna, folcloristico epiteto di Gennaro de Tommaso, ha fatto il giro del mondo, servendo così alla stampa estera un nuovo motivo per deridere la nostra Italia e mitragliare Napoli. Infatti, il giornalista Jim Yardley del New York Times in un suo articolo ha descritto i fatti di sabato scorso come un “momento umiliante per il calcio italiano e per l’Italia”. Frase gravida di verità alla quale non possono essere mosse obiezioni, soprattutto dopo aver visto il nostro Stato, unico e reale perdente del match disputatosi, platealmente offeso dall’iniziale sensazione che l’avvio della partita dipendesse dalla decisione del capo degli ultras. In realtà, si sta ancora cercando di far luce su questo aspetto, visto che, secondo le dichiarazioni del questore di Roma, la forza pubblica si sarebbe solo limitata a accompagnare il capitano del Napoli, Marek Hamsik, sotto la curva dei tifosi per tranquillizzarli rispetto a quanto accadeva fuori all’Olimpico. Proprio la trattativa tra il capitano e Genny ‘a carogna, così tanto misteriosa nel contenuto, è finita sul tavolo della Procura Federale.
Intanto, mentre nello stadio lo Stato e il mondo degli ultras si accordavano, e Alessandra Amoroso cantava l’inno di Mameli tra fischi più forti della sua stessa voce, fuori c’era chi, come Ciro Esposito, combatteva per non morire. Il giovane tifoso napoletano, rimasto ferito da un colpo di pistola prima del fischio d’inizio della gara, è ancora ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma nel reparto rianimazione: le sue condizioni appaiono stabili e continuano la ventilazione meccanica e la dialisi.
Nonostante tali tragici risvolti, al centro del dibattito pubblico c’è stata e ancora continua ad esserci la figura di Genny ‘a carogna che ha ricevuto, a causa della maglia indossata al momento della partita, il Daspo di cinque anni, durante i quali non potrà assistere a nessuna manifestazione sportiva italiana. Si è ritenuto che la maglia, per la scritta “Speziale Libero”, inneggiasse all’assassinio di Filippo Raciti, ucciso nel 2007 durante gli scontri tra la polizia e tifosi del Catania, in occasione del derby con il Palermo.
A nulla sono servite le parole del capo ultras che ha cercato di spiegare il vero significato della sua maglia: “…[la] maglietta è una richiesta di giustizia, non un’offesa contro una persona deceduta o contro i suoi familiari”. Anzi, in risposta allo slogan stampato sulla t-shirt, qualche giorno fa è arrivata alla redazione de Il Mattino di Napoli una lettera anonima, corredata da un proiettile e da un testo fortemente intimidatorio nei confronti di Genny: “ … Stai attento, avanzo di galera, hai le ore contate… Morte agli ultras! Carogna, attento a te, ai tuoi familiari e a tutti quei coglioni che sono alle tue spalle! Anche voi della Società Calcio Napoli non siete esenti da responsabilità…”.
Ebbene, proprio l’altro ieri un’altra lettera, sempre minatoria e anonima, è stata recapitata al Centro Sportivo del Calcio Napoli a Castel Volturno. Come la prima, la nuova missiva conteneva un proiettile 9 x 21 parabellum in calce ad un testo, anche questa volta, denso di minacce.