Stanno facendo il giro del web le immagini delle torture subite dai detenuti del carcere di Santa Maria Capua Vetere avvenute il 6 aprile del 2020. Immagini brutali, di detenuti fatti inginocchiare e messi con il volto di fronte al muro, costretti passare tra gli agenti con le mani dietro la nuca e picchiati con pugni, calci, colpi di manganello.
Sono tanti i particolari che ora emergono sui fatti avvenuti nel carcere Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere. Non solo torture fisiche ma, l’abuso di potere degli agenti si è manifestato anche nelle parole e nelle minacce ai detenuti. “Oggi appartieni a me, sono io che comando, sono lo Stato. Comando io oggi“.
Come riferito nella ricostruzione dell’ordinanza di ben 2.350 pagine scritta dal gip Sergio Enea, il calvario di Antonio, uno dei detenuti, è stato quello di lottare da solo contro 17 agenti. Prima gli agenti “lo accerchiavano e lo percuotevano violentemente con colpi al capo e al corpo, sferrati con manganelli e a mani nude”. Quindi “con forza lo trascinavano fino all’ingresso delle scale” e di nuovo “lo percuotevano al capo e al corpo con manganelli e mani nude”.
Le sevizie, scrive ancora il gip, continuavano fino a che Antonio, stremato, non raggiungeva una stanza attigua all’ufficio matricole. Qui un suo compagno di cella, vedendolo insanguinato e sofferente, chiese agli agenti una bottiglietta d’acqua “per poterlo soccorrere”. Si sentì rispondere: “Beviti l’acqua del cesso“.
Uno dei detenuti, tra i pochi che hanno deciso di denunciare quanto accaduto, ha dichiarato all’Ansa quanto segue: “Dopo gli arresti di ieri sono sollevato. Li aspettavo da tempo ma dopo più di un anno ho ancora paura. Negli occhi ho ancora quei momenti terribili, mai vissuti in carcere e con nessun poliziotto della Penitenziaria con i quali ho sempre avuto buoni rapporti“.