Agguato vicino alla chiesa. Il prete: “Ero con i ragazzi, abbiamo sentito le urla”
Feb 01, 2022 - Veronica Ronza
Polizia
Ieri pomeriggio un duplice omicidio si è consumato in un parco privato del rione Don Guanella, a circa 300 metri dalla chiesa dei Padri Guanelliani, seminando il panico tra i ragazzi che si trovavano nell’oratorio insieme a Don Aniello Manganiello.
Duplice omicidio al rione Don Guanella, Manganiello: “Ero in oratorio con i ragazzi”
L’agguato, probabilmente legato ad una logica di lotta tra clan di camorra, si è concluso con un tragico bilancio: a perdere sarebbero stati Giuseppe Di Napoli e Pasquale Torre, fratello di Mariano Torre, ex affiliato al clan Lo Russo e oggi collaboratore di giustizia. Sul caso sta indagando la Polizia di Stato.
Stando a quanto dichiarato dal senatore Sandro Ruotolo una delle vittime sarebbe stata colpita dagli spari mentre stava cercando di scappare, l’altra, invece, si trovava in auto. Sono trascorsi veri e propri attimi di panico tra i presenti come raccontato da Don Aniello, parroco della chiesa posta a pochi metri dalla scena del crimine.
In un’intervista rilasciata alla giornalista Elena Scarici, de ‘Il Corriere del Mezzogiorno’, Don Manganiello ha raccontato: “Ero in oratorio con i ragazzi quando è avvenuta la sparatoria. All’improvviso abbiamo sentito le urla e le ambulanze. Da molto tempo non succedeva un episodio del genere. Adesso stavamo vivendo un equilibrio e questo agguato preoccupa molto”.
“Conosco una delle famiglie e volendo dare una possibile lettura credo che si siano rotti gli equilibri tra i clan egemoni al Rione Don Guanella e alla Masseria Cardone oppure potrebbe trattarsi di una frangia di malavitosi che vuole allargare il territorio di controllo” – continua.
Un episodio che, tuttavia, non rallenterà il lavoro di denuncia, prevenzione ed educativo rivolto ai ragazzi: “Quello che è successo ieri è una sconfitta per Napoli, per questo rione, per noi che lavoriamo nel sociale e cerchiamo di costruire una realtà diversa affinché i nostri ragazzi non si sentano condannati per essere nati qua. Noi ci proviamo”.