Questa mattina i Carabinieri del comando provinciale di Salerno hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari a carico di 38 persone, non solo sul territorio di competenza ma anche tra le province di Avellino, Frosinone, Caserta e Chieti, in sinergia con le autorità locali: sono indagate per i reati di estorsione e lesioni personali, spaccio, indebita percezione di erogazioni pubbliche, ricettazione, riciclaggio e truffa.
Dei 38 indagati 14 sono stati condotti in carcere, 21 si trovano agli arresti domiciliari mentre per i rimanenti 3 è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Nello stesso provvedimento cautelare è stato disposto ed eseguito anche il sequestro preventivo di circa 74 mila euro a carico di due società, un bar e una società di servizi. Gli oltre 250 carabinieri impegnati nell’operazione hanno effettuato anche perquisizioni personali e locali.
L’attività di indagine in questione, che ha portato all’individuazione degli accusati, è stata avviata nel 2019 con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia. Gli agenti hanno dovuto risalire ai reali intestatari di schede telefoniche fittizie utilizzate per mandare avanti degli affari illeciti.
L’accusa ruotava soprattutto attorno alla figura di G. S., soggetto che già prima della sua scarcerazione avrebbe instaurato rapporti con diversi pregiudicati salernitani con l’obiettivo di dare vita ad un gruppo criminale finalizzato ad acquisire il controllo dello spaccio di stupefacenti nella zona orientale della città. Nel luglio del 2020 era stato arrestato per violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
Secondo la prospettazione accusatoria avrebbe estorto una parte dei proventi percepite dai pusher nonché denaro ai danni di un esercente commerciale. Senza un preciso motivo, al solo scopo dimostrativo, avrebbe esploso per strada 13 colpi di pistola, danneggiando alcuni palazzi, e gambizzato un pusher per imporre la propria supremazia territoriale.
Nel corso dell’operazione gli inquirenti hanno individuato un’attività di spaccio anche all’interno del carcere di Bellizzi, ad opera di due detenuti che sarebbero riusciti ad ottenere la droga dai loro familiari e dall’avvocato di fiducia durante i colloqui.
Tre degli indagati, invece, avrebbero commesso una truffa ai danni dei genitori di un 20enne deceduto, appartenente agli ultras, come alcuni degli accusati, e stroncato da un incidente stradale. Sarebbe stato proprio il capo del gruppo di tifoseria, facendo leva sulla fiducia a lui riconosciuta, a consigliare ai genitori della vittima il legale per avviare le procedure assicurative.
L’avvocato, tuttavia, non avrebbe agito nell’interesse della famiglia. Al contrario, attraverso la parziale o totale falsificazione di alcuni documenti, avrebbe indotto in errore i suoi clienti sugli oneri a lui dovuti per poi appropriarsi della somma di 160 mila euro dal totale del risarcimento liquidato dall’assicurazione per l’incidente. Ha poi diviso i soldi con il capo ultras e un altro indagato.
Parte della somma derivante dalla truffa sarebbe stata poi riciclata attraverso una fattura falsa di 43.310 euro, emessa dalla società di consulenza di proprietà della moglie di uno dei tre. Le indagini hanno consentito di ipotizzare che la donna stessa avrebbe percepito indebitamente un contributo a fondo perduto, del valore di 30.856 euro, erogato dallo Stato per sostenere le aziende colpite dall’emergenza covid. Infine, durante l’intervento sono stati sequestrati oltre 28 kg di stupefacenti, prevalentemente hashish.