Cronaca

Pestaggio in carcere, un carabiniere testimone: cercarono di “eliminare” i video shock

Ci sarebbe stato un tentativo di depistaggio e di nascondere le immagini della video sorveglianza che testimoniano il pestaggio di detenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere.

Pestaggio in carcere, un carabiniere racconta il tentativo di depistaggio

Ieri si è tenuta la prima udienza del processo a carico dei due agenti che hanno chiesto il rito abbreviato in merito ai fatti del 6 aprile 2020 avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, quando circa 300 poliziotti pestarono oltre 200 detenuti per punirli in modo “esemplare” per avere inscenato delle proteste scaturite dal Covid appena esploso. La Procura ha chiesto sei anni di reclusione per un agente, tre anni e otto mesi per l’altro. Gli altri imputati invece hanno scelto il processo ordinario.

“Dissero che il sistema di videosorveglianza non funzionava”

Il primo teste ascoltato è stato l’ex comandante della compagnia dei Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere. Il contenuto del suo intervento è stato riportato dal quotidiano La Repubblica: il militare ha raccontato di avere incontrato delle difficoltà per sequestrare i filmati. I particolare ai collaboratori incaricati avrebbero detto che “il sistema di videosorveglianza interno, in particolare del reparto Nilo dove erano avvenute le violenze, non funzionava. Sentimmo immediatamente a sommarie informazioni un ingegnere della società che si occupava, per conto del ministero, delle telecamere di videosorveglianza, il quale ci disse che dalle prime verifiche fatte da remoto, non risultavano anomalie nel sistema di videosorveglianza del carcere”..

Per tale motivo gli inquirenti potrebbero contestare l’ipotesi di depistaggio e il tentativo di “eliminare” i filmati, prova del pestaggio.

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