Scandalo rifiuti in Tunisia, funzionario della Regione Campania arrestato e 1o altri soggetti sottoposti a misure cautelari e reali per traffico di rifiuti tra l’Italia e la Tunisia. In tutto sono 16 gli indagati con l’ipotesi di avere esportato illecitamente rifiuti speciali verso la nazione africana: nel 2020 sarebbero state spedite 891 tonnellate di rifiuti stipati in 70 container, in virtù di un accordo del 2019 tra una società campana ed una tunisina, il quale sarebbe però non solo macchiato da serie di irregolarità, ma prevedeva altresì l’espatrio di una tipologia di rifiuti che poi non corrispondeva a quella effettivamente trasferita.
Lo scandalo scoppiò quando la vicenda fu portata alla luce da un deputato tunisino, Majdi Karbai, scrisse a tutti in Regione Campania e al Governo 5 Stelle. La sola persona a rispondere fu la consigliera regionale Maria Muscarà, allora pentastellata e oggi del gruppo misto. Muscarà ricorda quando “al question Time del 25 febbraio 2022, nonostante nessuno in Consiglio volle firmare le mie interrogazioni, dalla Giunta diedero risposta alle mie denunce degne del manuale delle giovani marmotte: ma si capì come il coinvolgimento della Regione Campania fosse inequivocabile. Nonostante ciò, non riuscì ad ottenere la risposta sull’ultimo container ritornato in Italia che conteneva Rifiuto combusto. E nessuno si chiede come mai il ministro tunisino abbia quasi scontato del tutto la sua pena, mentre noi ora iniziamo le indagini, ed abbiamo il coraggio di parlare di terzo mondo e del nostro essere avanzati”.
Nel 2022 un accordo di cooperazione tra la Tunisia e la Regione Campania ha comportato il rientro di circa seimila tonnellate di rifiuti, tra cui del materiale combusto, ossia dato alle fiamme. Allora quei rifiuti furono depositati presso la base militare di Persano, nel comune di Serre in provincia di Salerno. Viste le proteste del primo cittadino, il vice presidente della Campania Fulvio Bonavitacola rispose che si trattava di “una quantità banale”, che “per pochi mesi non creano problemi alla comunità locale. Non vi sono problemi di miasmi e neanche di esalazioni”.
Uno scandalo che in Tunisia portò alle dimissioni di un ministro e la rimozione dal loro ruolo di importanti funzionari. In Italia il nulla, ed ancora oggi a pagare (per ora) sono soltanto un funzionario della Regione Campania ed alcuni imprenditori. Il gip del Tribunale di Potenza, Lucio Setola, ha scritto nella propria ordinanza che “Tutto questo non sarebbe accaduto, se la regione Campania avesse verificato (come avrebbe dovuto fare) che nel sito web della Convenzione di Basilea sono indicate le autorità competenti di ogni Stato che vi aderisce (i cosiddetti focal point) e che per la Tunisia il funzionario ivi indicato nel focal point (…) appartiene alla DGEQV (Direzione generale per l’ambiente e la qualità della vita), che opera all’interno del Ministero degli affari locali e dell’ambiente […] la negligenza dei funzionari della regione Campania è andata anche oltre, poiché, indipendentemente da quale fosse stata la corretta autorità competente tunisina, se i funzionari regionali avessero svolto con meno superficialità l’istruttoria per la spedizione transfrontaliera, si sarebbero facilmente accorti che il rifiuto Cer 191212, per cui la S.R.A. chiedeva l’esportazione con destinazione recupero, in realtà non era affatto recuperabile”.