Cronaca

Emanuele ucciso a 49 anni mentre vendeva rotoloni a Ponticelli: ipotesi vendetta trasversale

Napoli – È stato ucciso a colpi di pistola Emanuele Pietro Montefusco, l’uomo morto a 49 anni mentre vendeva rotoloni di carta a Ponticelli, in via Argine. Il movente non è ancora chiaro ma non si esclude che possa essersi trattato di una sanguinosa vendetta trasversale.

Ucciso a Ponticelli: Emanuele morto a 49 anni

Erano circa le 10 del mattino di ieri quando l’uomo è stato raggiunto da alcuni proiettili, uno al braccio e uno alla nuca, perdendo la vita sul colpo. Già noto alle forze dell’ordine per piccoli reati, Emanuele era un venditore ambulante che stava cercando di guadagnarsi da vivere in modo onesto dedicandosi al commercio di rotoli di carta.

Al momento le indagini non hanno ancora permesso di ricostruire il movente dell’omicidio ma gli inquirenti sembrano orientati verso l’ipotesi della vendetta trasversale: i familiari della vittima sarebbero da ricondurre ad un clan in contrapposizione con l’altro gruppo criminale della zona.

Quanto alla dinamica, i killer sarebbero sopraggiunti in auto improvvisamente sul posto dove Emanuele svolgeva il suo lavoro, avrebbero puntato la pistola contro di lui facendo poi esplodere ben 5 colpi. Per il 49enne non ci sarebbe stato nulla da fare: è deceduto sul colpo.

Quella della faida camorristica, dunque, sembrerebbe essere al momento una delle ipotesi più accreditate. Soltanto pochi giorni prima, nel corso di un’operazione dei carabinieri, a Ponticelli erano state arrestate 9 persone vicine al clan De Micco. Dalle indagini svolte dai militari dell’arma è emerso che gli indagati avrebbero fatto ricorso ad imposizioni, man mano divenute sempre più intimidatorie e prevaricatrici, per ottenere l’affidamento di una bambina nata dalla relazione tra una donna e il rampollo, detenuto, di una famiglia storicamente al vertice di una delle fazioni camorristiche che si contendono l’egemonia criminale nella zona del quartiere napoletano. Il tutto in totale assenza di regolamentazione giudiziaria.

Le investigazioni hanno consentito, inoltre, di documentare veri e propri cortei armati organizzati dagli affiliati al clan per scortare i nonni paterni e la bambina durante i prelievi quotidiani, sia per andare a prenderla da casa della madre sia per riaccompagnarla. Non sarebbero mancati nemmeno episodi di minacce e percosse ai danni della mamma della piccola in casi di ritardi anche minimi.

Giornalista pubblicista, laureata in Comunicazione. Amo scrivere della mia città e dell'eccellenza che la connota da sempre