I venditori ambulanti all’esterno dello stadio Maradona dovevano pagare il pizzo di 500 euro per vendere i gadget (non ufficiali) del Napoli durante la festa scudetto. Lo ha affermato indirettamente la sentenza del gup del Tribunale di Napoli con cui sono stati condannati a 6 di reclusione Vitale Troncone e Luigi Troncone, mentre a Giuseppe Troncone e Benito Divano sono stati inflitti 4 anni e 6 mesi di reclusione. Questo il verdetto in primo grado del procedimento con rito abbreviato, il quale ha comportato perciò uno sconto di pena.
Decisiva la testimonianza di un ambulante, il quale ha raccontato di essere stato minacciato dai Troncone: “Ora ti sparo una botta in fronte, non ho paura di nessuno e neanche di ucciderti”. L’uomo infatti non intendeva sottomettersi, ma ad un certo punto ha dovuto farlo a causa delle minacce indirizzate a lui e la moglie.
Il processo prende le mosse da un episodio accaduto nel periodo dei festeggiamenti per la vittoria dello scudetto da parte del Calcio Napoli. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, attraverso delle metodologie mafiose, pur non essendo stata accertata l’esistenza del clan Troncone, i quattro hanno costretto i venditori ambulanti a pagare il pizzo e acquistare sigarette di contrabbando ad un prezzo maggiorato, ribadendo la propria supremazia nel controllo della zona.
Negli scorsi mesi il gruppo dei Troncone era stato raggiunto da una misura di sequestro di beni per 800mila euro riconducibili a Vitale, nonostante fossero intestati ad altre persone. I magistrati lo avevano definito come soggetto di elevata pericolosità sociale con numerosi precedenti, tra cui reati in materia di armi e stupefacenti, rapina a mano armata e lesioni personali oltre alla tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Tra i beni sottoposti a sequestro la caffetteria omonima, all’esterno della quale Vitale Troncone fu vittima di un agguato a colpi di pistola: nonostante le condizioni gravissime riuscì a sopravvivere. Il locale infine, dopo il sequestro, ha cambiato gestione ed è passata ad un altro imprenditore: a giugno la serranda è stata data alle fiamme, gesto ritenuto intimidatorio.