Pfizer ha licenziato 130 dipendenti dello stabilimento situato a Catania. Un vero e proprio filmine a ciel sereno, considerando il fatto che siamo in un periodo in cui Pfizer è probabilmente l’azienda farmaceutica più nota al mondo grazie al vaccino anti Covid e che, proprio dalla vendita delle sue dosi, sta fatturando miliardi e miliardi. La comunicazione è avvenuta lo scorso 7 febbraio, quando dall’azienda avrebbero inviato la lista degli esuberi tramite un messaggio su WhatsApp.
A raccontare la situazione è Il Fatto Quotidiano, che ha ascoltato dipendenti e sindacalisti. C’è per esempio Elisa, la quale racconta: “Vivevo a Milano, lavoravo lì. Poi ho visto l’opportunità di tornare a casa a Catania e l’ho afferrata. Prima ho avuto contrattini, poi mi hanno assunta a tempo indeterminato. Sono in un reparto di grande responsabilità, quello che si occupa del rinnovo della licenza dei farmaci, delle gare di appalto. In questi anni ho progettato una vita qui e ho rinunciato alle offerte di altre multinazionali perché ero sicura del mio lavoro qui dentro, in una grande azienda che ha prodotto il vaccino anti- Covid, ricevendo molte commesse pubbliche”.
Di tre raparti ne resta aperti soltanto uno. Non solo 130 persone saranno licenziate (contratti a tempo indeterminato), ma 50 interinali non saranno rinnovati a febbraio e altri 60 entro agosto, per un totale di 240 dipendenti senza lavoro. Il vero problema sembra risiedere nel mancato aggiornamento del sito di Catania, che non ha mai rinnovato la produzione e già prima della pandemia era in fase calante. Gli investimenti sono passati da 27 milioni di euro l’anno a 13. Graziella Faranna, della Rsu Filctem Cgil, ha dichiarato: “Hanno detto con chiarezza che sono interessati alle biotecnologie e non hanno mai investito in questo sito, la prospettiva se nulla cambia è la chiusura”.
Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, ha presentato un’interrogazione parlamentare. “Evidentemente i miliardi di euro incassati durante la pandemia non sono abbastanza – afferma – È l’ennesimo colpo al cuore industriale del nostro Paese, dimenticato dalla politica e da tempo alla deriva. Un impoverimento che colpisce direttamente famiglie e cittadini. Non è una novità perché sappiamo bene come funziona: privatizzare i profitti e socializzare le perdite. Ma è qui che dovrebbe intervenire lo Stato, il pubblico”.