I divari territoriali ed economici non costituirebbero un problema se si trattassero di dovari transitori ed accidentali. Ciò però non avviene in Italia, dove le regioni del Sud – da ormai troppi anni – sono nettamente inferiori a quelle del nord.
Un’analisi di Confcommercio ha sottolineato come sia abissale il divario tra settentrione e meridione sotto vari punti di vista. Un punto su cui si è focalizzata l’analisi è la quota di spesa dei turisti stranieri sui consumi interni per alcune regioni italiane.
Nella tabella sottostante si può notare come nel 2019, l’anno prima che il covid cambiasse le carte in tavola, alcune regioni meridionali non hanno partecipato al processo di costruzione di ricchezza attraverso il turismo. Nel 2020 la crisi generata dal Covid-19 non ha fatto altro che aggravare questa situazione.
La cosa quindi è molto dubbia. O non è vero che il Sud è avvantaggiato per le bellezze naturali – quali cibo, sole, mare, arte – oppure le risorse presenti non sono adeguatamente messe a reddito.
Come si legge dalla tabella, il Sud – compreso della Sardegna – nel 2019 è indietro rispetto al nord est di 2,8 e al centro di 3,5. La sola Campania è riuscita a portare a casa il 3,3, dietro soltanto alla Sardegna – meta turistica per eccellenza per chi cerca relax e aria cristallina.
La domanda dunque è semplice. Come è possibile che il Su, con le sue bellezze naturali, possa guadagnare meno del Nord? Certamente nelle regioni settentrionali ci sono città d’arte e molto rinomate nel mondo – basti pensare alle sole Milano, Venezia e Verona – ma la disparità è davvero abissale. Il turismo dovrebbe essere il cuore pulsante dell’economia di questo Paese ma, soprattutto delle regioni meridionali, che depredate di tutto vivono solo di questo.
Un altro punto messo a fuoco dal rapporto è la “fuga dei giovani“. Dal 1995 ad oggi l’Italia nel complesso perde 1,4 milioni di giovani: da poco più di 11 milioni a poco meno di 10 milioni, ma tutta “questa perdita è dovuta ai giovani meridionali“. Nel Mezzogiorno infatti si registra un crollo: rispetto al 1995, mancano nel Sud oltre 1,6 milioni di giovani.