Altro che tarocco, Napoli sede del Made in Italy: i grandi marchi che producono qui
Nov 06, 2017 - Chiara Cepollaro
“Il Made in Italy si produce anche a Napoli, ma questo non si sa o comunque non viene pubblicizzato. Napoli è conosciuta solo per il mercato della contraffazione, cioè del ‘tarocco’ “.
Ornella Auzino, imprenditrice napoletana e, da qualche tempo, anche blogger, sta combattendo sul web la sua battaglia personale circa la situazione della produzione a Napoli e le verità che non si conoscono.
Oltre ad aver creato un blog sull’argomento, adopera un canale youtube con il quale cerca di trasmettere ai napoletani (e non) la realtà del mondo della pelletteria, dei marchi e della città.
Di cosa ti occupi e da cosa nasce la tua volontà di creare una rete sull’argomento della pelletteria?
Io produco borse: ho un’azienda a Napoli con 23 dipendenti e, attualmente, siamo terzisti nella produzione. Cioè produciamo borse per uno dei grandi marchi italiani. Ma quest’ultimo non è l’unico brand del lusso ad aver scelto Napoli per la fabbricazione dei propri prodotti.
Nella nostra città producono Dior, Prada, Louis Vuitton, Gucci, Chanel, Ferragamo, Versace, Dolce & Gabbana ed altre case di moda. Ma non se ne parla molto.
E la mia rete nasce proprio per questo. Da napoletana e da imprenditrice in questo settore, sono stanca di vedere il nome della mia città sempre legato alle parole contraffazione, mercato nero, tarocco e via dicendo. Napoli è altro.
A Napoli abbiamo una tradizione molto forte nella lavorazione e nella produzione di oggetti, indumenti e accessori di pelle. I nostri artigiani posseggono una conoscenza profonda del mestiere, per cui attorno all’hinterland napoletano sono sorte numerose sedi produttive.
Ma questo mondo vive, da sempre, in una penombra anomala: insomma, la nostra professionalità non è valorizzata come, invece, succede in altre regioni italiane, anch’esse esperte nella pelletteria, come la Toscana.
Senza dubbio tra le eccellenze campane è raro sentir parlare di pelletteria. Perché, secondo te, accade questo? E il mercato della contraffazione dove lo collochi? E’ ancora molto presente?
Certo che lo è. E’ esteso, purtroppo, ed è proprio la causa principale della ‘penombra’ di cui parlavo. La capacità degli artigiani ha fatto sì, nel tempo, che, accanto alla produzione autentica, nascesse una parallela, scadente e massificata: il tarocco.
Aihmè, molti hanno fatto soldi così e Napoli è diventata, nell’immaginario collettivo, la casa della contraffazione.
Per cui, puoi capire che questo oscura tutto il resto e che se un Brand del Lusso decide di produrre qui, non lo pubblicizza…a causa di questa fama negativa che avvolge la città.
Per cui, Napoli come sede del Made in Italy: si può affermare questo?
Assolutamente sì. Napoli è una delle sedi principali del Paese in cui si produce per il Made in Italy. Quello vero, quello di qualità. La manodopera specializzata che abbiamo è caratterizzata da un Know How che altre città non posseggono. La nostra storica collocazione in questo settore ha prodotto, col tempo, un’esperienza importante.
Alcuni affermano che i terzisti vengono scelti a Napoli grazie ai prezzi competitivi. Cioè che un grande marchio viene a produrre da me perchè, magari, i prezzi sono più bassi rispetto ad un’azienda toscana, per dirne una. Ma non è così. I brand del lusso scelgono Napoli perchè qui abbiamo prevalentemente manodopera italiana, anzi napoletana.
Ti riferisci alla manodopera e alla produzione cinese?
Esatto. Qui non ci sono i cinesi a produrre.
Mi spiego meglio: in questo settore a Napoli, si è sempre praticato una sorta di “protezionismo” per quanto riguarda la manodopera. Questo è il lato positivo della chiusura che investe questo ramo: è stata conservata la conoscenza degli artigiani nostrani, limitando l’accesso agli altri.
Per cui, ecco il Made in Italy: non perchè si produce, fisicamente, in Italia. Ma perchè si produce con la professionalità italiana, per cui con la qualità che da tempo ci distingue in questo settore.
E quali sono, invece, le lacune? In cosa siamo carenti? Quali sono, insomma i motivi, per cui non “esportiamo” il nostro know how nel mondo?
Beh, lacune tante. Dal fatto che non esiste una rete di comunicazione tra i produttori, all’impossibilità di organizzare una fiera delle borse a Napoli, alla disorganizzazione degli industriali napoletani, per finire all’assenza di formazione.
Non esiste una scuola per l’alta pelletteria, per cui non c’è il trasferimento della conoscenza. Infatti, la manodopera specilizzata diminuisce sempre di più, rischiando l’estinzione. La formazione, pertanto, si deve fare solo all’interno delle aziende ma qui non siamo pronti ancora per una formazione seria in loco: non vi è la mentalità imprenditoriale dell’investimento sui giovani, purtroppo. Bisogna dirlo. In questo si deve migliorare molto.
Per quanto mi riguarda, sto avviando percorsi di formazione interna, investendo sulle “persone”, che sono la risorsa più preziosa per il Made in Italy e per la qualità, che io ho scelto.