Chi fatica magna, chi nun fatica magna e beve. Un modo dire che a Napoli è molto utilizzato, in particolar modo in chiave polemica e soprattutto non senza un pizzico di invidia nei confronti di coloro ai quali è rivolto.
In questo nuovo articolo ritornano, questa volta in un unico detto, due tematiche tipiche del gergo popolare campano, già affrontate in precedenza: l’aspetto culinario e la furbizia come filosofia di vita e di sopravvivenza. Questo proverbio infatti suggerisce che :
“Chi fatica magna, chi nun fatica magna e beve!”
Traduzione:
“Chi lavora mangia, chi non lavora mangia e beve!”
In queste poche parole, si esterna, a pieno, un pensiero, tutto incentrato sulla concezione del lavoro, dell’impegno e del piacere. L’esortazione, in altri termini, invita gli uomini a non affannarsi inutilmente, in quanto l’istinto di sopravvivenza umana porterà sempre l’uomo a salvarsi dalla propria fine, a trovare una via di fuga. Un proverbio che, ovviamente, non è assolutamente applicabile nella nostra contemporaneità. Non dimentichiamo infatti che i più antichi modi di dire partenopei sono nati nel corso dei secoli e si tramandano da generazioni, quando i tempi e le persone erano molto differenti da quelli di oggi.
Napoli è una città, ma una nazione. Questo era il pensiero di Lucio Dalla, un napoletano nato a Bologna che ha sempre dimostrato il grande amore per la nostra città. Non aveva torto ad affermare ciò: l’essere partenopeo racchiude un insieme di storia, tradizioni, consuetudini e proprio modi dire e proverbi che si sono formati e consolidati nel corso della storia, tre volte millenaria, della città di Napoli. È per questo che invitiamo ognuno ad approfondire questo aspetto della napoletanità seguendo tutte le puntate della nostra rubrica sui proverbi napoletani.