Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano in pochi anni si è fatto conoscere dal grande pubblico, attirando su di sé una gran quantità di critiche od ovazioni. Amato ed odiato Roberto Saviano è diventato professore di economia e crimine organizzato all’università di Princeton, Stati Uniti, ma questa sera non si muoverà da Napoli, perché proprio questa sera, su Sky Atlantic, andrà in onda la prima puntata della serie Tv «Gomorra», tratta proprio da quel best-seller che ha diviso l’opinione pubblica.
Stessa sorte per la fiction. A poche ore dalla messa in onda in Tv l’Italia (oltre che Napoli) è spaccata in due, tra “favorevoli e contrari”. C’è chi recrimina a Savniano di aver dato un’immagine di Napoli parziale e tendenziosa, immagine che potrebbe rivelarsi nociva per l’intera città. E c’è chi invece preferisce vedere nel coraggio dello scrittore, una sorta di missione, la missione giornalistica, non sempre cara a chi fa questo tipo di mestiere.
In un’intervista su IlMattino.it Saviano prova a rispondere alle tante polemiche scatenatesi proprio per quella rappresentazione (raccapricciante) di Scampia e di una Napoli completamente in balia dei clan della camorra. Un terreno delicato e insidioso che rischia di alimentare luoghi comuni, gli stessi luoghi comuni che per anni, hanno “crocifisso” Napoli e i Napoletani.
A questa domanda lo scrittore risponde così: «Credo che ”luogo comune” o ”conformismo” sia giudicare un lavoro senza averlo visto. La maggior parte delle persone che hanno criticato la serie non sanno di cosa si tratta, non hanno visto tutto il percorso e, per loro stessa ammissione, non hanno visto nemmeno i due primi episodi proiettati durante l’anteprima. Abbiamo raccontato la complessità di questi territori».
Secondo Saviano insomma, c’è poco da stereotipare, perché quella realtà esiste, si sviluppa e si struttura proprio intorno alle nostre case, ai nostri uffici e ai luoghi dove siamo soliti socializzare, e far finta che non esista, o renderla meno dura e spigolosa, non aiuterà proprio nessuno.
«Guardi, da noi accade l’inverosimile. È come se Albuquerque, in New Mexico, si fosse ribellata al successo di ”Breaking Bad”– spiega Saviano- Come se Medellin si indignasse per la serie su Pablo Escobar. Non c’è scandalo, non c’è vergogna: è racconto, e dal racconto si riparte. La serie ”Gomorra” racconta la vita, le contraddizioni, i sentimenti, la ferocia di un territorio, che è anche altro, ma ci si sofferma su un segmento significativo, che la cronaca ha sfiorato e poi abbandonato. Albuquerque non è solo sintesi di droghe chimiche, la Colombia non è solo cocaina e Scampia non è solo camorra, ma il territorio non può dimenticare Paolo Di Lauro, la cui ombra è ancora terribilmente presente».