Quando parlano i direttori di Libero è sempre polemica. Sia che si tratti di Vittorio Feltri (direttore editoriale) che di Pietro Senaldi (direttore responsabile), le loro parole sollevano sempre polveroni, e non potrebbe essere altrimenti dato che ai due piace molto giocare sulla linea del politicamente corretto e spingersi spesso e volentieri anche assai oltre.
In questi giorni grandi polemiche hanno accompagnato le dichiarazioni di Pietro Senaldi (“i Veneti hanno in ceppo diverso da quello italiano, la faccia di Zaia non la trovi in Calabria”). A tal proposto, c’è stata una risposta del Movimento Neoborbonico che intende sottolineare quanto sia stupido parlare di ceppi, etnie, razze. Una persona va giudicata per quello che è e quello che fa, non per le sue origini:
“Pur sapendo di dare un dispiacere al direttore di un quotidiano non nuovo ad uscite “anti-meridionali”, pur restando ambigua quella frase che non chiarisce se sia un bene o un male che la faccia di Zaia non si trovi in Calabria e che i Veneti abbiano un “ceppo” diverso, il Movimento Neoborbonico ha inviato a Senaldi un piccolo dossier relativo alle origini del cognome Zaia.
“Come hanno rilevato qualche anno fa le ricerche di uno studioso veneto (Roberto Ros) gli Zaia sono in Veneto da diverse generazioni ma il loro “ceppo” forse è in una città slava tra Bosnia e Croazia, nello sperduto villaggio di Arzanò (rischio scampato per poco: un solo accento finale di differenza con la cittadina in provincia di Napoli). Molti “Zaia”, del resto, li ritroviamo attualmente in Veneto (circa 120) ma anche in Piemonte (circa 80) e addirittura in Sicilia (oltre 30!).
“In quella zona vicina alla Bosnia sono diverse le antiche comunità Rom in seguito emigrate e tra esse quelle dei “Khorakhané Cergarija” (“quelli delle tende”) e dei “Kaloperi” (“piedi neri”). Chi di “ceppo” ferisce di “ceppo” perisce?