In una campagna elettorale che è sembrata più un referendum sul Reddito di cittadinanza che una dialettica sui temi realmente importanti per l’Italia, primi tra tutti le misure per far creare sviluppo, ad averla spuntata e con largo margine è stato il centro destra trainato da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Ad aver trovato poco spazio è stato specialmente il Sud, nonostante il paese si trovi nel pieno periodo di spesa dei fondi del Pnrr che per il 40% sono stati attribuiti al Mezzogiorno, almeno formalmente.
Con la vittoria di Meloni è lecito andare a leggere il suo programma e le dichiarazioni rilasciate in merito al Sud e al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, pur essendo coscienti che la maggioranza sarà costituita dalla coalizione con Lega Nord e Forza Italia che, quindi, certamente faranno le proprie richieste e detteranno le proprie condizioni. Procediamo quindi con ordine e cerchiamo di fare un po’ più luce su quali potranno essere le prospettive per il Mezzogiorno.
Nel programma di Fratelli d’Italia si legge che il Pnrr è una “grande occasione per la modernizzazione dell’Italia e delle sue infrastrutture e per la ripartenza economica della Nazione”. Giorgia Meloni però parla anche di aggiornamento del Piano in virtù della crisi energetica scaturita in seguito alla guerra in Ucraina, con lo scopo di rendere l’Italia quanto più possibile autosufficiente per la produzione di energia. Quale può essere in questa prospettiva il ruolo del Sud, a cui è stato destinato il 40% dei fondi (sulla carta)? Prima di riportare il pensiero espresso da Meloni è opportuno ribadire che quel 40% stabilito dal Governo Conte II e dal Governo Draghi è estremamente inferiore e inadeguato rispetto alle risorse effettive che spettavano al Mezzogiorno, ossia tra il 68% e il 70%. Una decurtazione di almeno 60 miliardi.
Venerdì scorso a Bagnoli, per la chiusura della campagna elettorale, Giorgia Meloni ha affermato: “Al Sud vive il 36% della popolazione perché qui c’è lo spopolamento dei giovani che per lavorare emigrano al Nord. A me va bene che il Pnrr al Sud sia stato portato al 40 per cento, ma potrebbe essere anche portato più in alto”. Non si trattava però della promessa di portare più soldi a queste latitudini: “Io non sono una meridionalista, sono una patriota. Senza un adeguato sviluppo del Mezzogiorno l’Italia non ce la fa, se ci sono Regioni che non camminano alla stessa velocità delle altre alla fine frenano tutto. Questo non è fare l’interesse del Sud, ma fare l’interesse nazionale”. Sul ripensamento del Pnrr sulla base della necessità di fronteggiare la crisi energetica ha aggiunto che le dà “molto fastidio quando gli strumenti diventano un totem ideologico. Il Sud può diventare l’hub energetico d’Europa e delle merci che arrivano da Est che ora invece transitano da Amsterdam o da Rotterdam”.
Non possiamo fare a meno però, come abbiamo accennato, di pensare a Giorgia Meloni anche come leader di una coalizione insieme a Lega Nord e Forza Italia, due partiti abituati a governare ormai da decenni e che hanno dimostrato di tenere di più agli interessi del Settentrione rispetto al Sud, specialmente quello fondato da Umberto Bossi e che nonostante il presunto progetto nazionale di Salvini continua ad avere una forte identità padano centrica ed una proiezione verso le istanze provenienti da Nord (Autonomia differenziata – o secessione dei ricchi – prima di tutto).
I risultati elettorali hanno mostrato che al meridione la Lega è in calo drastico, mentre il bacino principale di riferimento è ancora una volta il Nord. È per questi elettori che Matteo Salvini e compari devono lavorare, perché sono questi “fedelissimi” – potremmo dire – della prima ora che consentono loro di continuare a presenziare in Parlamento con numeri comunque tutt’altro che trascurabili. È grazie agli irriducibili bossiani che la Lega può ancora dire la propria e dettare condizioni. L’interesse del partito sarà quindi portare quanto più denaro possibile al Nord, più di quanto sia stato già dirottato sia nell’ambito del Pnrr, sia in linea generale (con, per esempio, gli 840 miliardi scippati al Mezzogiorno dal 2000 al 2017).
Forza Italia, dal proprio canto, può contare sulla fedeltà del mondo degli imprenditori, in una nazione dove la maggior parte sono concentrate nel Nord. I forzisti condividono con i leghisti la convinzione che la l’Italia sia a trazione settentrionale, per cui è verso questa parte del Paese che sono concentrate le loro attenzioni.
Potremmo amplificare il discorso al Partito Democratico, ma sono per giustizia verso i meridionali che non devono credere che nei dem vi sia una vera anima meridionalista: la clausola – scandalosa – del 40% del Pnrr al Sud è una loro idea (in compartecipazione con il Movimento 5 Stelle), come la corresponsabilità dello scippo da 840 miliardi accennato sopra, ma anche tanto altro. Non solo, il Mezzogiorno è ritornato ad essere anche per loro un bacino di voti dati alcuni nomi che si sono candidati in queste regioni, come Franceschini o Camusso in una Campania che non conoscono pressoché per niente.