Meloni difende l’Autonomia Differenziata, ma nasconde la verità sui LEP: il tranello al Sud

Giorgia Meloni


Giorgia Meloni difende la legge sull’Autonomia Differenziata proposta dal suo Governo ed approvata dal Parlamento, lodando come sia stato introdotto il principio della fissazione dei LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni) a differenza di quanto stava per fare l’esecutivo precedente guidato dal Partito Democratico e dal Movimento 5 Stelle. Meloni attacca genericamente “la sinistra”, ed in effetti il video pubblicato sui social è indirizzato verso il nemico politico. Chi è meridionalista, invece, sa bene che il problema non è di schieramento politico, ma di impostazione del sistema Italia e cioè il ruolo – di fatto – di colonia interna del Mezzogiorno, territorio da sfruttare a beneficio del Settentrione.

Giorgia Meloni difende l’Autonomia Differenziata

Giorgia sottolinea come il processo verso l’Autonomia Differenziata sia iniziato nel dibattito politico negli anni ’90 con le intuizioni di Achille Occhetto. Poi la riforma del Titolo V durante il Governo D’Alema fino al Governo Conte II, quando su impulso di alcune regioni del Nord (tra cui l’Emilia Romagna di Bonaccini) è nata la vera impalcatura della legge approvata pochi giorni fa. L’esecutivo Meloni avrebbe avuto il merito ed il coraggio di stabilire il principio dei LEP, senza la cui preventiva determinazione e il relativo finanziamento delle risorse non si possono trasferire le competenze dallo Stato alle Regioni. Niente LEP, niente Autonomia.

Il tranello ai danni del Sud

Il ragionamento è giusto, tuttavia è nel merito che si nasconde il solito tranello ai danni del Sud. Il provvedimento, nel mettere nero su bianco il principio dei LEP, rimanda alla Legge di Bilancio 2023 ed in particolare ai commi 791-801-bis. Al comma 793 lettera b) leggiamo che, per ricavare i livelli essenziali, la Cabina di regia “effettua, con il supporto delle amministrazioni competenti per materia, una ricognizione della spesa storica a carattere permanente dell’ultimo triennio, sostenuta dallo Stato in ciascuna regione per l’insieme delle materie di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, per ciascuna materia e per ciascuna funzione esercitata dallo Stato”. Si tratta ancora del criterio della spesa storica che concorrerà alla determinazione dei LEP sulla base delle ipotesi tecniche inerenti alla determinazione dei costi e fabbisogni standard nelle materie di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione” (comma 794).

Un sistema bugiardo in partenza

Vi è perciò ampio spazio all’interpretazione da parte della Cabina di regia, la quale dovrà tenere conto in modo indiscriminato e acritico della spesa storica nei tre anni precedenti. Come se, per esempio, una diminuzione della spesa nella sanità sia dovuto automaticamente a un minore bisogno di medici e non – come avviene sempre – a una minore disponibilità di fondi. Tra l’altro le risorse dovranno essere stabilite nel limite invalicabile dei fondi effettivamente disponibili. Ciò significa che se la Campania, la Calabria o il Molise per garantire un servizio come l’istruzione secondo un livello standard – sempre per fare un esempio – hanno bisogno ognuna di 100 euro, ma lo Stato non ha tutti quei soldi, allora si dovranno accontentare. È un ragionamento anche piuttosto ovvio dato che l’Italia non dispone di risorse infinite (altrimenti non avremmo alcun problema), tuttavia rileva ancora di più quanto il sistema sia bugiardo in partenza.

Così viene attuato il disegno politico di Umberto Bossi e la Lega Lombarda

In tal modo i LEP saranno sicuramente stabiliti in modo da poter conferire alle regioni l’Autonomia che la chiedono, ma non saranno sufficienti per assicurare ai territori più svantaggiati le risorse minime per non vedere crescere ancora di più il divario con le regioni più ricche. È proprio il disegno della Lega Lombarda di Umberto Bossi e discendenti politici. Non è un caso che Calderoli abbia esultato ricordando proprio quei trascorsi. Oggi, grazie a un processo di circa tre decenni, avviene in un alveo appositamente preparato di legittimità costituzionale, grazie soprattutto a quella riforma del Titolo V ricordata da Giorgia Meloni, il cui Governo è semplicemente il braccio che esegue quanto era stato pensato 23 anni fa. E, senza la secessione della Padania, il Nord potrà continuare ad avere quanto gli serve, esportare i suoi prodotti al Sud, attingere alle braccia ed alle menti dei meridionali, trattenendo invece ancora più risorse.

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