Bankitalia, la speranza per l’Italia è il Sud: ma il Governo scippa 140 miliardi e li dà al Nord
Ago 19, 2021 - Francesco Pipitone
Foto fb Presidenza del Consiglio
L’unica speranza per una crescita dell’Italia ed avere possibilità di sviluppo e benessere paragonabili ai principali paesi europei è costituita dal superamento del divario tra Nord e Sud. La teoria della “locomotiva” si è dimostrata un fallimento da ogni punto di vista: foraggiare soltanto l’economia del Nord, lasciando indietro il Sud, ha danneggiato la nazione intera ed ormai neanche più il settentrione riceve benefici paragonabili a quelli del passato, nonostante lì si continui a vivere in modo molto più agiato rispetto ad un Mezzogiorno sull’orlo della tragedia economica e sociale.
Bankitalia: l’Italia cresce solo se cresce il Sud
È questo il quadro che si ricava da un rapporto della Banca d’Italia, I divari infrastrutturali in Italia: una misurazione caso per caso: “La dotazione di infrastrutture incide sulla capacità di crescere di un’economia e sul livello di benessere della collettività. La competitività delle imprese è strettamente legata alla disponibilità di una rete adeguata di trasporti e di telecomunicazioni, nonché alla qualità del servizio energetico e idrico – che rappresentano input essenziali dei processi di produzione”.
Il Recovery Fund regalato al Nord
Tutti settori che rientrano nel campo di applicazione del Recovery Fund che, lo ricordiamo per l’ennesima volta, è stato assegnato in modo estremamente corposo all’Italia proprio a causa delle condizioni di arretratezza del Sud. I criteri utilizzati dall’Europa sono stati inverso del Pil pro capite, disoccupazione e popolazione: stando ai primi due, il Mezzogiorno è una delle aree più arretrate del continente, per cui almeno il 68% dei 209 miliardi spetterebbe ai meridionali. Il Governo ha abbassato questa percentuale al 40% (un furto di 60 miliardi), ma rischiano di arrivarne ancora di meno perché dai documenti presentati dall’Esecutivo sono scomparsi altri 80 miliardi.
Gli economisti sono tendenzialmente d’accordo nell’affidare alle infrastrutture pubbliche il ruolo di ripresa dell’economia e di un suo assetto più resiliente e capace di affrontare sfide ed eventuali crisi. In Italia vi è una marcatissima differenza tra Nord e Sud: “Con riferimento alle infrastrutture di trasporto emerge che le aree con i collegamenti stradali e ferroviari più veloci nonché quelle con le maggiori possibilità di accesso ai principali scali aeroportuali e portuali, in termini di traffico merci, sono prevalentemente collocate nelle regioni centro settentrionali (in particolare in Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Toscana); le regioni del Sud e delle Isole si trovano in una condizione di relativo svantaggio, fatta eccezione per le aree della fascia tirrenica limitatamente alla possibilità di accedere a scali portuali rilevanti per il solo traffico di passeggeri”.
“Le reti di comunicazione presentano una dicotomia Nord Sud meno marcata se si guarda alla disponibilità delle infrastrutture, soprattutto per quanto attiene alla rete mobile ad alta velocità (un discorso diverso riguarda però l’accesso effettivo alla rete, che riflette l’eterogeneità territoriale delle condizioni economiche e della cultura digitale delle famiglie)”.
“Il gap infrastrutturale appare invece molto profondo nell’ambito della distribuzione dell’elettricità e dell’acqua: nelle regioni meridionali e insulari la frequenza delle interruzioni senza preavviso del servizio elettrico per gli utenti a bassa tensione è più che doppia rispetto al resto del paese, oltre un terzo degli utenti a media tensione riceve un servizio inferiore agli standard previsti dalla regolazione nazionale e gli acquedotti disperdono una quota di acqua 1,4 volte più elevata rispetto a quanto avviene nel resto del paese”.
Parecchio sconfortanti anche i dati sulle strutture sociali ed ospedaliere: “La rete ospedaliera è particolarmente sviluppata nella fascia padana e in alcune aree centrali: complessivamente un cittadino residente in una regione meridionale o insulare ha possibilità di accedere a posti letto in strutture ospedaliere inferiori del 40% rispetto a un residente in una regione centrosettentrionale (la distanza si accentua se si restringe il confronto alle specializzazioni rilevanti nell’attuale fase di emergenza sanitaria e se si considera l’impatto della qualità delle cure)”.
Insomma, la salute di un italiano del Sud vale meno di quella di un italiano del Nord. In questo ambito, inoltre, non sono da tralasciare gli interessi economici derivanti dalla migrazione sanitaria che porta miliardi di euro nelle casse delle regioni settentrionali.
Tutt’altro che positiva anche la valutazione sui servizi ambientali: “Anche l’erogazione dei servizi ambientali soffre di una carenza di infrastrutture particolarmente accentuata nel Sud del paese, che presenta condizioni sfavorevoli di accesso agli impianti di trattamento dei rifiuti in modo particolare per quanto riguarda la gestione della componente differenziata organica. La minore disponibilità di impianti incide sui costi pagati dall’utenza e ostacola una riorganizzazione del servizio basata sull’adozione di tariffe puntuali (che inducono le famiglie a produrre meno rifiuti e a differenziare di più, ma richiedono una dotazione di impianti adeguata)”.