2 febbraio. “Cannelora, ‘state dinto, vierno fora”: cosa significa il detto
Feb 02, 2015 - Claudia Ausilio
Il mondo cristiano il 2 Febbraio celebra la “Candelora“, cioè il giorno della Presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme (Lc 2,22-39). In quei tempi quando una donna partoriva dovevano passare quaranta giorni dopo il parto poiché la si riteneva impura: dopo questo periodo poteva varcare le porte del Tempio e presentare il figlio alla comunità spirituale, e infatti questo giorno è detto anche della “Purificazione di Maria“. Così il 2 febbraio Gesù fu presentato al Tempio, come Luce Divina giunta ad illuminare gli uomini, e proprio per tale motivo giorno si benedicono le candele (da qui il termine Candelora).
Come molte feste cristiane anche questa ha origine remote. Nella tradizione celtica, la festa di Imbolc, segnava il passaggio tra l’inverno e la primavera, cioè il momento tra la più profonda oscurità a quello del risveglio e della luce. Nel mondo romano la Dea Februa, altro nome di Giunone, veniva festeggiata alle calende di Febbraio (primo giorno del mese nel calendario romano).
La Candelora è celebrata ancora oggi in tutto il mondo ed è accompagnata da numerosi detti e proverbi. Secondo la tradizione, i ceri benedetti in questo giorno sono poi conservati in casa dai fedeli e vengono accesi in varie occasioni durante l’anno: per placare l’ira divina, durante violenti temporali, aspettando una persona che non torna o si ritiene in grave pericolo, assistendo un malato ed in qualunque momento si avverta il bisogno di chiedere l’aiuto divino.
In Campania esistono svariati detti, tra cui, “Cannelora , ‘state dinto, vierno fora”, (“Candelora, entra l’estate ed esce l’inverno”), per indicare l’avvicinarsi del bel tempo e la fine dell’inverno. Oppure, “A Pasca Epifania tutt”e ffeste vanno via. Risponne ‘a Cannelora : No , ce stongo io ancora“, (“Con l’Epifania tutte le feste vanno via. Risponde Candelora: No, ci sono ancora io”), che fa riferimento all’estro e all’inventiva del popolo napoletano che saprà riempire un intero anno con altre importanti feste. Ma senza ombra di dubbio il più popolare è quello che fa riferimento al clima e ad una previsione del tempo possibile grazie al giorno della Candelora: “Quanno arriva ‘a Cannelora d”a vernata simme fora, ma si chiove o ména viento, quaranta juorne ‘e male tiempo“, (“Quando arriva la Candelora dall’inverno siamo fuori, ma se piove o c’è il vento ci saranno quaranta giorni di mal tempo”).
Nel giorno della Candelora sono molte le celebrazioni, anche a Napoli. Nel cinquecento, ad esempio, la città si riempiva di candele, torce e luci di tutti i colori. Oggi, purtroppo queste tradizioni sono quasi del tutto perdute ma ne rimane la memoria soprattutto nei racconti dei più anziani. Ancora oggi molti fedeli si recano in pellegrinaggio al santuario irpino di Montevergine, con la processione dei “femminielli” (omosessuali), in ricordo anche delle antiche celebrazioni alla dea pagana Cibele (riportiamo l’articolo sulla Festa della Candelora a Montevergine).
Ma non poteva mancare anche una tradizione culinaria legata a questo giorno, in cui si usava consumare il migliaccio, un dolce a base di uova, semola, latte e canditi. Esso risale al Seicento, quando le suore del monastero di Santa Rosa da Lima, a Conca dei Marini, nella costiera amalfitana, iniziarono a prepararlo proprio il 2 Febbraio e d’allora diventò tradizione rifarlo ogni anno.